L’OSSERVATORIO

Non c’è giustizia nel piatto.

I dati Waste Watcher confermano che in Italia convivono, e sono in crescita, spreco e insicurezza alimentare.

di Luca Falasconi 

L’Italia di oggi è un Paese che spreca e, al tempo stesso, ha fame. La contraddizione è evidente, quasi provocatoria: da un lato oltre 600 grammi di cibo a testa vengono gettati ogni settimana, secondo l’ultimo report dell’Osservatorio Waste Watcher, dall’altro cresce il numero di persone che, per motivi economici, non riescono ad accedere a pasti adeguati. 

È un paradosso che racconta molto della frammentazione sociale in corso, e che rende evidente la necessità di un’analisi integrata dei fenomeni di spreco e insicurezza alimentare. 

Il nuovo focus dell’Osservatorio mette in luce due dimensioni apparentemente lontane, ma in realtà profondamente connesse. 

La ricerca mostra che a sprecare di più sono proprio le famiglie con redditi più bassi. Questo dato, che ribalta la percezione diffusa secondo cui lo spreco sarebbe una prerogativa dell’abbondanza, trova spiegazione in fattori come l’assenza di un’educazione alimentare strutturata, la scarsa disponibilità di tempo, e la mancanza di conoscenze sulla corretta conservazione dei prodotti. Lo spreco, in questi casi, non è segno di opulenza, ma piuttosto il risultato di vulnerabilità e disorganizzazione.

Contemporaneamente, cresce l’incidenza dell’insicurezza alimentare, rilevata anche attraverso l’indice FIES della FAO. Il 12% della popolazione italiana si trova in una condizione di insicurezza moderata o grave: significa non riuscire ad accedere regolarmente a pasti nutrienti e bilanciati. 

A soffrirne sono soprattutto le famiglie numerose, i giovani adulti, le persone con basso livello di istruzione o senza lavoro. In molte situazioni si arriva a saltare i pasti o a rinunciare alla qualità del cibo per far quadrare i conti. 

Nonostante ciò, l’84% degli italiani considera il diritto al cibo un diritto fondamentale. Ma quando si tratta di immaginare strumenti concreti per garantirlo, le opinioni si fanno più caute: solo una parte della popolazione si dice favorevole a misure fiscali redistributive. Più diffuso, invece, il consenso su azioni come il rafforzamento delle reti di solidarietà, l’educazione alimentare nelle scuole, il sostegno diretto alle famiglie più fragili e l’incentivo a filiere corte e sostenibili.

Il messaggio che emerge con forza è chiaro: per combattere lo spreco non basta appellarsi al senso civico individuale. Servono politiche pubbliche, strategie coordinate, investimenti in educazione e sistemi di monitoraggio. Lo spreco alimentare rappresenta, ancora oggi, una perdita di risorse, di energia e di giustizia sociale. Affrontarlo significa costruire una società più equa, dove il diritto al cibo non sia un privilegio ma una garanzia per tutti.

Articoli recenti

Press Area

Torna su