Opinioni. I dati sullo spreco alimentare sono esagerati?

A cura di Claudia Giordano e Luca Falasconi, UNIBO

Questa settimana ospitiamo una voce critica nel panorama scientifico relativo allo spreco alimentare.

In un articolo proposto dalla rivista Eurochoises nel 2015, della Agricoltural Economics Society and European Association of Agricoltural Economists, Ulrich Koester propone una lettura critica dei dati sullo spreco alimentare, suggerendo che in termini di efficienza economica non vi è sufficiente certezza del fenomeno.

La prima tra le ragioni elencate afferisce al problema delle definizioni e delle metodologie di calcolo, differenti di studio in studio: questa mancata standardizzazione rende difficile dare una visione del fenomeno che sia uniforme e attendibile. Molti studi trascurano la differenza in termini di costi dei diversi prodotti alimentari, fornendo risultati sui volumi dello spreco senza distinguere tra le diverse categorie:

 [we cannot reasonably add together tonnes of meat and potatoes]

aggregando dati che afferiscono a diversi anelli della filiera:

[meat products at different stages along the supply chain are different economic goods and can hardly be aggregated meaningfully in volume terms].

In termini di costo-beneficio, egli aggiunge, una perdita minima ma fisiologica – ad esempio di raccolto, dovuto ai limiti dei processi di conservazione (storage), può rappresentare comunque un elemento di maggiore efficienza per il produttore rispetto all’acquisto di nuovi tool.

La conseguenza più importante, a suo avviso, è che in assenza di dati robusti e rigorosi gli incentivi erogati per mitigare il fenomeno potrebbero essere economicamente non efficienti. A tal fine, egli propone di indagare con strumenti più attendibili sui costi dello spreco alimentare per la società, suggerendo ai policy maker di intervenire solo laddove il costo dello spreco rappresenti un problema consolidato, come probabilmente accade nelle fasi finali della filiera per le economie avanzate e nelle prime fasi per quanto riguarda le  economie in via di sviluppo.

Le obiezioni dell’autore sono interessanti e, a nostro avviso, corrette per certi punti di vista: è vero che le metodologie sono eterogenee e i metodi di indagine talvolta incerti. Noi stessi stiamo indagando sull’opportunità dell’uso del questionario per analizzare lo spreco e proponiamo, tra gli obiettivi del progetto Reduce, la formulazione di metodologie per la quantificazione che siano innanzitutto replicabili. Tuttavia, quel che non viene menzionato nell’articolo è il costo indiretto dello spreco alimentare, tipicamente rappresentato da: 1) il consumo delle risorse naturali utilizzate per la produzione 2) l’impatto della lavorazione per tutte le fasi della filiera che precedono lo smaltimento, incluse le emissioni. Come accade spesso nelle analisi strettamente economiche, insomma, non si inserisce nel computo il costo dell’esternalità negativa legata agli impatti ambientali. Inoltre, non viene mai menzionato il costo derivante dallo smaltimento del rifiuto (che è un costo ambientale e grava direttamente sulla collettività anche tramite la tariffa rifiuti!). Non a caso, la prevezione degli sprechi alimentari in Unione Europea è stata inserita all’interno dei Piani Nazionali di Prevenzione Rifiuti e la definizione proposta dal progetto Fusions va proprio in questa direzione, prevedendo nella definizione di spreco alimentare anche la frazione non edibile.

E’ quindi vero che i dati sullo spreco alimentare sono in una fase embrionale in tutta la letteratura scientifica, in cui ancora molto è da migliorare, specie nelle metodologie di calcolo e nella standardizzazione. A nostro avviso, però, è importante che questa consapevolezza sia un punto di partenza per un miglioramento in tal senso e non una chiusura rispetto al fenomeno che, almeno in termini di impatti ambientali, non è possibile ignorare. Di conseguenza, consapevoli del fatto che tutto ciò che va in direzione di una maggiore efficienza nell’uso delle risorse è positivo, gli interventi di policy sono i benvenuti aldilà della loro efficienza strettamente economica.

Qui Study: Measures of food waste are ‘overstated’ and potentially consequential l’articolo che ha divulgato la fonte originale, il 21 Giugno 2017.

Qui Reduction of Food Loss and Waste: An Exaggerated Agitation l’articolo originale di Ulrich Koestner, pubblicato nel 2015.

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